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Gruppo di Lettura – 26 aprile 2023

Già, perché in questo museo (cui in copertina vediamo esposti gli oggetti) non troviamo altro che i simulacri di tutte quelle promesse fatte e non mantenute, oggetti evocativi di quel dolore che coviamo dentro di fronte a delusioni subite, emblemi di ferite che non si rimarginano, in grado di far riaffiorare nei visitatori i traumi che avevano rimosso e che prima di varcare la soglia del museo giacevano nascosti negli anfratti polverosi delle loro menti. Volete un esempio? Che cosa potrebbe rappresentare un velo da sposa? «Ah, l’amore, un’orrenda colpa!», disse chi rinchiuse il suo cuore in un forziere. Provate a immaginarvelo, ve lo dico? Una promessa di nozze mancata. E così via, affogate anche voi nel mare delle promesse infrante immergendovi in questa lettura, ricordandovi però di riemergerne.

Il resto della narrazione (la maggior parte della trama, per la verità), verte sugli avvenimenti storici narrati con perizia di dettagli dalla mano dell’autrice e messi in bocca a Laure, catapultata dal suo museo di Parigi alla Praga del 1986, nel tetro panorama del regime sovietico, per mezzo del racconto che lei stessa svolge (con una qual certa uniformità e piattezza di tono, è lecito dirlo) a una giornalista sopraggiunta nella Ville Lumière interessata a redigere un articolo sul suo interessante museo.

Il museo che Laure ha aperto a Parigi, nel quartiere di Canal Saint-Martin, è unico al mondo. Vi sono esposti gli oggetti più disparati, portati lì da diversi donatori per raccontare la loro storia sospesa: sono infatti simboli di promesse infrante.
 

Per Laure, padre inglese e madre parigina, quel luogo è praticamente l’unica ragione di vita. Perché l’esistenza di Laure è rimasta impigliata in un luogo e in un tempo lontani, nella Praga del 1986. La sua vita attuale è essa stessa il frutto di una promessa infranta. L’incontro con la giovane May, giornalista senza troppi scrupoli, inizialmente è seccante per Laure.

Non ha alcuna intenzione di svelare quel mondo che tiene sepolto dentro di sé da decenni. Eppure, a poco a poco, grazie a quella ragazza impertinente il passato inizia a riemergere.
 

Essere trasportati nella Praga del 1986, dentro la cortina di ferro, e poi nella Berlino del 1996, nella Germania da poco riunificata, è affascinante e inquietante allo stesso tempo.

La bellezza e la vita pulsante della città boema, piena di arte e passione, sono rese cupe da un regime che tutto spia e tutto controlla. Con la violenza, se serve.

Laure a Praga arriva a vent’anni; per un’estate è la ragazza au-pair di Petr, dirigente di una casa farmaceutica e persona molto influente, e della bella e problematica moglie Eva. L’atmosfera praghese la trascina subito in un vortice, l’incontro con Tomas, giovane musicista considerato sovversivo, e con il gruppo di amici del teatro delle marionette, la travolge.

Questo amore giovane e impetuoso è descritto con tratti netti, con i colori intensi che gli si addicono. La luce del sentimento e della passione è resa ancora più intensa dal contrasto con lo sfondo: una società dove brulicano nel buio forze violente, dove tutti possono diventare delatori, carnefici, traditori.

Chi è dalla sua parte?

Di chi può fidarsi?

Ma esiste, qualcuno di cui fidarsi?

Alla fine di quell’estate Laure se n’è andata, ma Tomas non ce l’ha fatta, e lei non ha mai saputo cosa sia successo a quel ragazzo che ha amato come mai nessun uomo dopo di lui.
 

Ma il bisogno di sapere non si è mai esaurito. È rimasto chiuso dentro il petto di Laure, come in una delle teche del Museo delle promesse infrante.

Forse è arrivato il momento di rompere il vetro.

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