Come leggere un libro
Tratto da: http://gruppodiletturaterracina.wordpress.com/page/2/
La “macchina pigra” (come si legge un libro)
Conversare in gruppo sul libro scelto rappresenta un’esperienza piacevole: il contributo di ciascuno allarga, modifica e arricchisce le considerazioni scaturite dall’esperienza della lettura solitaria. Non si tratta di affrontare il testo con pretese tecniche e critiche, ma di maturare, grazie alla socializzazione, il nostro approccio spontaneo all’opera. Ci sarà comunque capitato di domandarci se esso è esauriente e corretto, ovvero:“come si legge un libro“?
Il tema ha ovviamente avuto le sue trattazioni teoriche. Può essere interessante, per chi ne ha voglia, seguire il percorso consigliato da Eco in questo saggio del 1979. Ne presento qui una sinossi, tratta dal vademecum di “Letture incrociate”, un sito che si offre di valutare le opere di autori esordienti.
il testo è una “macchina pigra”, cioè qualcosa che richiede che il lettore faccia la sua parte per poter essere compresa.
Noi lettori abbiamo almeno tre modi per far funzionare questa macchina: possiamo lasciarci avvincere dalla vicenda e leggere esclusivamente per il nostro piacere, oppure fare una lettura più attenta e consapevole che vada oltre la semplice comprensione della storia, si soffermi sul modo di scrivere, sugli avvenimenti, sui personaggi, sull’epoca storica, sempre, comunque, ancora dal punto di vista di fruitori dell’opera. Ma possiamo anche andare oltre, ed essere critici veri, indagare sul testo, valutarlo, mettere in luce i vari aspetti ed i meccanismi nascosti, al fine di coglierne proprio tutti i significati e gli aspetti.
Primo livello di lettura: lo spettatore
Se vogliamo fermarci al primo livello di lettura, quello che denomineremo dello spettatore, possiamo cominciare a leggere il testo senza alcun obiettivo particolare, soltanto perché ci va di farlo. Al termine della lettura di primo livello, la prima valutazione che ci viene richiesta è la risposta alla più naturale e spontanea delle domande: “mi è piaciuto?” Soltanto dopo, possiamo provare a rispondere a qualche semplice domanda a contorno, per esempio: la lettura è stata faticosa o abbiamo letto il testo tutto d’un fiato? L’abbiamo letto con piacere o comunque curiosi di sapere come sarebbe andato a finire o soltanto perché dovevamo giungere alla fine? Che cosa ci è piaciuto di più, o di meno, nel testo che abbiamo letto? Per essere un po’ più accurati in queste risposte, possiamo poi pensare di rispondere a ciascuna di queste domande con un punteggio, piuttosto che con un semplice sì o no, in modo da chiarire a noi stessi quanto l’autore sia riuscito a soddisfare le nostre aspettative di lettori. Per semplificare la nostra valutazione, possiamo preparare, per nostro uso e consumo, una tabella. Quella che segue è puramente indicativa, solo un mezzo per formulare poi un proprio giudizio, discorsivo ed articolato sul testo che abbiamo letto.
Parametro di lettura: | esito |
Piacevole | Voto da 1 a 10 |
Facile da leggere | Voto da 1 a 10 |
Avvincente | Voto da 1 a 10 |
Cosa ci è piaciuto di più | |
Cosa ci è piaciuto di meno |
Secondo livello di lettura: lo scrittore
Se vogliamo portare il nostro livello di lettura ad un livello più alto, dopo aver effettuato una lettura di primo livello, cioè da spettatore, dobbiamo riprendere in mano il testo e rileggerlo con gli occhi di uno scrittore. Così come un tecnico analizza un prodotto della concorrenza, smontandolo nelle singole parti per capire quali siano le soluzioni che il progettista ha escogitato per risolvere vari problemi, e come poi queste parti siano state assemblate insieme per costituire l’oggetto finale, allo stesso modo un lettore di secondo livello dovrà smontare il testo in esame, scomporlo nei suoi componenti di base, ed analizzare ciascun elemento ed il modo in cui essi vengono composti insieme nel testo. Definiremo quindi questo livello di lettura quello dello scrittore. Esso è il più utile per tutti coloro che, oltre che lettori, sono anche scrittori, perché è quello che meglio consente di far tesoro della lettura di un testo per migliorare il proprio livello di scrittura.
In prima battuta, gli elementi fondamentali in cui va sezionato un testo prima di analizzarlo sono almeno tre:
- La trama
- Gli “ingredienti” (personaggi, punto di vista, ambientazione e tempo)
- Il linguaggio e lo stile
Tuttavia ciascun lettore può incrementare quest’elenco aggiungendo gli elementi che ritiene fondamentali nella struttura di un testo [i dialoghi, la punteggiatura ecc.]. In questo vademecum prenderemo però in considerazione solo questi tre!
1. La trama
Possiamo definirla come il filo invisibile che collega tutti gli elementi di una storia, ed in riferimento ad essa è quindi lecito porci le seguenti domande:
- La storia che abbiamo letto ha una trama valida e coerente, con un inizio, uno sviluppo e una conclusione?
- Possiamo rispondere con chiarezza alle famose cinque “W” della scuola anglosassone di giornalismo (who, what, where, when, why)? Ossia: Chi è il protagonista? Cosa succede nella storia? Dove si svolge? Quando si svolgono le vicende della storia? Perché il personaggio agisce in quel modo?
- C’è una sola trama, o ci sono delle trame secondarie?
La risposta a queste, e ad altre eventuali domande a proposito della trama, consentono al lettore di secondo livello di formulare un giudizio su di essa: se ci sono dei gravi difetti nella trama [nessi di causalità non rispettati, errata sequenza temporale dei fatti, avvenimenti inspiegabili o non giustificati dai fatti precedenti], anche lo stile migliore difficilmente potrà fare di quella storia una bella storia!
2. Gli “ingredienti”
2.1 I personaggi
Nell’esaminare i personaggi, abbiamo soltanto l’imbarazzo della scelta tra le varie domande che si presentano subito alla mente.
- Quali tipi di personaggi si incontrano (sono esseri umani o fantastici, animali, ecc.)?
- C’è un protagonista?
- Quali sono i personaggi secondari e qual è la loro funzione?
- Ci sono personaggi inutili o non ben delineati?
- Ci sono anche semplici comparse?
- Come vengono presentati i personaggi (attraverso l’azione, la descrizione, o in altro modo)?
- Sono piatti o ben caratterizzati? Sono credibili?
- Sono funzionali al procedere della storia?
- Sono simpatici o antipatici? In che modo l’autore ce li ha resi tali?
Relativamente ai personaggi, un’analisi di secondo livello deve dunque esprimere pareri sul modo in cui essi vengono presentati, segnalare personaggi non ben delineati o che compaiono o scompaiono dal testo in maniera inspiegabile, manifestare la sensazione che alcuni personaggi siano inutili, se non dannosi, al corretto fluire della storia.
2.2 Il punto di vista
Una storia può risultare più o meno coinvolgente per il lettore a seconda del punto di vista da cui è raccontata. Ogni storia, però, ha un punto di vista che le si adatta meglio.
Il lettore di secondo livello ha il compito di valutare se l’autore ha scelto quello giusto. Anche in questo caso risulta utile porsi qualche domanda. La prima è ovviamente la seguente:
Da quale punto di vista è raccontata la storia?
Solitamente esistono tre punti di vista per raccontare una storia.
- Il primo punto di vista quello del “narratore esterno” che sa tutto e racconta la vicenda in terza persona. Con questo tipo di scelta, il narratore può rivelare anche i pensieri, i sogni, o i desideri dei vari personaggi. Ma può, se vuole, anche rivelare la sua stessa presenza.
- Il secondo punto di vista è quello del testimone“ che narra la storia e che sa e racconta soltanto ciò che ha visto personalmente, ciò che gli è stato riferito, oppure i propri pensieri e le proprie congetture, ma non quelli degli altri, che gli sono ignoti.
- Il terzo possibile punto di vista è quello del “protagonista”, in cui la narrazione è fatta in prima persona dal personaggio principale della storia.
Individuato dunque il punto di vista, o i punti di vista nel caso ci siano più storie che si intrecciano, che l’autore ha scelto per il suo racconto, ecco la domanda fondamentale:
- Il punto di vista scelto dall’autore ci sembra adatto alla storia?
La scelta di uno dei punti di vista può infatti rendere più o meno coinvolgente per il lettore l’intera vicenda!
E inoltre ci si può chiedere: Il narratore è un “vero” narratore, ossia un essere “fatto di parole”, come lo definisce Vargas Llosa, oppure da esso traspare un po’ troppo l’autore e il suo modo di vedere le cose,? In altre parole il narratore “è” l’autore stesso che non ha saputo liberarsi dalla sua biografia?
2.3 L’ambientazione
Anche qui, tutto è relativo alla storia che stiamo esaminando. Non si richiede ad un thriller un’ambientazione troppo accurata, perché il lettore cerca in questo tipo di lettura il rompicapo intellettuale, oppure l’intrigo e l’azione. In un romanzo storico, viceversa, l’ambiente è fondamentale e deve tenere conto dell’epoca storica, per non rischiare il ridicolo e l’anacronismo, come nei vecchi film hollywoodiani ambientati all’epoca dell’impero romano, in cui attrici maggiorate indossano chiaramente il reggipetto sotto le tuniche! (E’ quasi come scrivere un libro in cui il protagonista sia Robin Hood, ma dotato di cellulare e ghiotto di pomodori!) Comunque, anche senza arrivare a queste esagerazioni, può capitare di leggere dei testi che contengono incongruenze di questo tipo, che un lettore di secondo livello deve senz’altro smascherare.
Le domande che risultano d’aiuto per questa analisi ambientale sono dunque le seguenti:
- La vicenda è ben ambientata?
- Le notazioni e le descrizioni relative all’ambiente sono troppo generiche, oppure al contrario troppo precise ed accurate?
- L’ambientazione scelta dall’autore è funzionale ed adeguata rispetto alla storia?
2.4 Il tempo della narrazione
Prendiamo poi in considerazione l’aspetto temporale della vicenda e proviamo a chiederci:
- In quale epoca sono collocati gli avvenimenti?
- E’ facile capirlo, o bisogna intuirlo attraverso i dettagli?
- Quanto durano gli avvenimenti della narrazione?
In alcuni casi, (nell’Ulisse di Joyce l'odissea si svolge in un giorno) la durata e la collocazione temporale del racconto sono chiaramente espressi [già questo la dice lunga sulla visione del mondo dell' autore!], in altri. In altri casi il lettore può avere difficoltà a rendersi conto del tempo trascorso da un evento all’altro. È chiaro che anche queste considerazioni possono far parte di un giudizio di secondo livello.
3. Il linguaggio e lo stile
L’ultimo degli elementi in cui abbiamo scomposto il testo nella nostra analisi è il linguaggio o lo stile. Per questo tipo di esame sarà bene esaminare l’aspetto linguistico, a cominciare da ortografia e sintassi. Ne abbiamo già parlato nel primo livello, ma lo ripetiamo perché lo riteniamo molto importante! La presenza di errori, magari banali, potrebbe far cestinare da un editore un racconto o un romanzo di per sé valido. Dobbiamo concentrarci, quindi, anche sugli errori ortografici e sugli errori di battitura che il correttore automatico non può individuare, perché le singole parole sono esistenti, ma mal combinate, come in questa frase di esempio:” Il signora entro del bar è Chiese un corvetto”
Per quanto riguarda la sintassi, il discorso è più difficile. A volte, infatti, l’errore sintattico è voluto dall’autore per rendere un certo modo di parlare o un certo tono narrativo, altre volte è un vero errore. Tocca al lettore attento distinguere ma, nel dubbio, sarà bene segnalarlo comunque, magari con tanto di punto interrogativo, in modo che sia poi l’autore a decidere sul da farsi, magari ponendo in corsivo o tra virgolette l’errore voluto!
Ci possiamo anche porre alcune domande, per conoscere meglio gli aspetti stilistici e linguistici.
- Quale registro linguistico ha scelto l’autore? (formale, informale, gergale…)
- Le scelte lessicali sono appropriate a tale registro?
- Ci sono descrizioni? Sono poche/molte/troppe/noiose…?
- Ci sono dialoghi?
- Sono credibili?
- Servono anche a far procedere la storia, o si possono eliminare senza grave danno?
Se le risposte positive sono molte, forse ci troviamo di fronte ad un’opera veramente valida, ed allora vale la pena di andare oltre, cioè di approfondire l’analisi per coglierne il significato profondo.
Terzo livello di lettura: il critico letterario
Se ci siamo spinti fino a fornire del nostro testo un’analisi di secondo livello, possiamo dire di aver fatto assai di più di quanto non faccia abitualmente un lettore qualsiasi.
Spingere ancora oltre la nostra analisi è davvero un lavoro da professionisti, ed è praticamente impossibile costruire una “griglia” che si adatti a tutti i tipi di opere. La lettura più approfondita deve essere mirata a “quella” determinata opera che si sta leggendo, ed il critico deve costruirsi la sua strada, trovare la giusta angolazione per penetrare più in profondità.
A questo punto, varrà la pena di proseguire solo per opere che abbiano lasciato emergere, in un’analisi di secondo livello, un numero di elementi positivi tali da motivarne lo sforzo che l’analisi di terzo livello comporta.Un’analisi di questo tipo, infatti, non può prescindere da un minimo di studio della problematica in questione ed è quindi, come si diceva, un lavoro da professionisti.
Un libro illuminante per questi aspetti, e molto stimolante per chi scrive, è Lettere ad un aspirante romanziere di Mario Vargas Llosa: in esso un grande romanziere riflette sul proprio mestiere attraverso una serie di lettere ad un immaginario giovane scrittore. E’ un libro breve ma densissimo, senz’altro da leggere!
Torniamo però alla descrizione del terzo livello di lettura: essenzialmente, si tratta di riprendere l’esame dei punti elencati in precedenza, tentando di “scavare” a partire dall’analisi della trama, dell’ambientazione, del linguaggio e dello stile. Sarà poi l’opera stessa e la nostra esperienza di critico letterario a suggerirci nuove direzioni.
1. La trama
Più che di trama, sarebbe meglio parlare, a questo livello, di struttura narrativa.
Cominciamo col segmentare il testo in unità narrative, o macrosequenze, di solito coincidenti con l’entrata o l’uscita di scena di un personaggio o con un cambiamento di luogo o di tempo. Queste unità narrative hanno lunghezze variabili e sono a loro volta frazionabili in nuclei più ristretti, detti microsequenze, che possono essere di vario tipo: narrative, descrittive, dinamiche se descrivono azioni, ecc. Dal punto di vista della narrazione, alcune di queste microsequenze sono più “importanti” di altre ma tutte, nel loro insieme, contribuiscono dare alla storia un certo ritmo ed un certo tono, ed un buon autore utilizza le microsequenze e la loro successione in modo non casuale.
Per vedere come le microsequenze vengano utilizzate dagli scrittori esperti all’interno delle macrosequenze per dare un certo taglio al racconto, facciamo un esempio con una macrosequenza famosa e diffusamente studiata. Si tratta di un brano de “I promessi sposi“di Alessandro Manoni che tutti abbiamo studiato a scuola, e che possiamo sicuramente andare a ripescare per capire questo esempio.
La macrosequenza in questione è quella che descrive il tentativo di matrimonio tra Renzo e Lucia, che comincia con la celebre frase “Carneade, chi era costui?” e terminaper con la spropositata richiesta di aiuto di don Abbondio e le campane suonate a martello dal sagrestano Ambrogio.
Ed ecco di seguito le microsequenze attraverso le quali essa si sviluppa:
- La presentazione di don Abbondio.
- L’annuncio da parte di Perpetua della visita di Tonio.
- La comparsa di Agnese, con lo scopo di “distrarre” Perpetua, cercare di farla allontanare, e dare nel contempo il segnale di “via libera” a Renzo e Lucia.
- L’entrata di Tonio e Gervaso .
- L’ingresso di Renzo e Lucia, mentre don Abbondio è distratto perché scrive una ricevuta per Tonio.
- Il tentativo di matrimonio.
- La reazione di don Abbondio.
- Le ripercussioni sul paese, quando la gente sente le campane a martello.
La terza e l’ottava scena sono esterne, tutte le altre si svolgono in un interno. Le più importanti, la sesta e la settima, sono particolarmente concitate nel ritmo, le frasi brevi e rapide. In tutta la macrosequenza prevalgono la caratterizzazione dei personaggi e l’effetto comico.
Vista così, l’analisi delle microsequenze e macrosequenze di un testo sembra quasi qualcosa di semplice e scontato! Pensiamo però quale approfondita riflessione strutturale deve aver fatto un autore esperto come Manzoni per creare scene così vive, con quei rapidi passaggi interno-esterno, l’alternarsi di dialogo e di narrazione, che nel caso particolare è fatta da un narratore esterno e onnisciente, che tira i fili come un abile burattinaio!.
L’analisi accurata della struttura di un’opera, quindi, è utile al lettore, perché ne rivela i meccanismi e permette di valutare le scelte dell’autore, al fine di comprenderne meglio gli intenti, ma è utile anche all’autore perché consente a quest’ultimo di verificare quanto i suoi intenti di narratore siano stati raggiunti.
A questo punto, possiamo riprendere il testo nel suo insieme e individuare il livello di fabula e quello di intreccio.
La fabula è l’insieme degli avvenimenti, collegati dai nessi causali e presentati in ordine cronologico: in una parola, il riassunto.
L’intreccio, invece, è la presentazione degli eventi decisa dall’autore secondo l’ordine cronologico e logico che ritiene più opportuno, con digressioni, anticipazioni e flashback. Soltanto lo studio dell’intreccio nel suo insieme ci rivelerà i meccanismi di composizione dell’opera.
Un’opera può avere una buona fabula ed un cattivo intreccio, o viceversa!
2. L’ambientazione
Abbiamo già parlato dell’importanza dell’ambientazione nella sezione precedente: ora si tratta di analizzarla più a fondo, esaminandone anche il grado di soggettività o di oggettività e chiedendoci se quello che leggiamo stia diventando parte della nostra esperienza. Se possiamo rispondere di sì, ci troviamo di fronte ad un libro scritto veramente bene.
L’autore può seguire strade diverse per condurci a questa condivisione di esperienza: per esempio, ci può comunicare delle percezioni fisiche attraverso i cinque sensi (farci “vedere” delle scene, ma anche farci ascoltare suoni e voci, rievocare nella nostra memoria odori, sapori, sensazioni tattili…), o percezioni psichiche. Dovremo, dunque, studiare la presenza di questi elementi, e poi cercare di capire come e se lo scrittore sia riuscito a porgerli….
3. Tecniche stilistiche ed aspetti linguistici
3.1 Le tecniche narrative.
Chiunque di noi abbia provato a scrivere un testo narrativo sa bene che la scelta di una determinata tecnica è un momento delicato dal quale può dipendere la buona o la cattiva riuscita di un lavoro.
Possiamo scegliere (e, ovviamente, alternare!):
- il semplice discorso narrato;
- il discorso indiretto (utile, ad esempio, per riferire dettagli la cui conoscenza è indispensabile ai fini della comprensione della storia, ma che risulterebbero noiosi se forniti attraverso un dialogo);
- il discorso indiretto libero (il discorso, sempre in forma indiretta, viene in parte slegato dalla proposizione reggente , p. es. “egli dice che…”, per lasciare emergere uno stile che mantiene alcuni tratti propri della forma diretta come l’uso dell’indicativo o dello stile a frasi spezzate, anche se è pur sempre il narratore a prestare voce al personaggio. Esempio: “Mi promette mille cose, con le lacrime agli occhi. Sarà più attento, studierà di più, non si lascerà influenzare dalle cattive compagnie…”);
- il discorso diretto, con le battute tra virgolette e la presenza di verbi interlocutori (disse, rispose, ribatté, ecc.);
- il discorso diretto libero, in cui mancano virgolette e verbi interlocutori, e in cui le parole pronunciate direttamente dal personaggio non sono quasi distinguibili da quelle riportate dal narratore, se non per piccoli segni. (Un esempio eccellente è fornito dal romanzo Cecità di José Saramago, dove soltanto le maiuscole indicano l’inizio della battuta di un dialogo);
- il monologo interiore ed il flusso di coscienza (sono le grandi novità del romanzo del Novecento, tra Proust e Joyce. Con il monologo interiore, il lettore è direttamente introdotto nel pensiero del personaggio, senza alcun commento esterno; il flusso di coscienza (celebre quello di Molly, insonne, alla fine dell’Ulisse di Joyce) registra le intime divagazioni di un personaggio il cui pensiero non si sviluppa su di un tema preciso, ma procede a ruota libera, per associazioni mentali e con un fraseggio spesso privo di costrutto. E’ forse il caso più rappresentativo di lingua che prevale sul racconto.
Il critico letterario, nell’analisi di terzo livello, deve esprimere il suo parere su come e quanto appropriatamente queste tecniche siano state utilizzate all’interno dell’opera.
3.2 La struttura dei periodi e la punteggiatura.
Sul piano della struttura sintattica, l’autore può scegliere un periodare costituito da una serie di proposizioni principali accostate o coordinate, che prende il nome di paratassi. Questa scelta rende veloce il ritmo della narrazione. Ne ha fatto grande uso Hemingway, ma lo ritroviamo anche in Manzoni, proprio nel brano del tentativo di matrimonio che abbiamo citato in precedenza. (“Don Abbondio vide confusamente, poi vide chiaro, si spaventò, si stupì, s’infuriò, pensò, prese una risoluzione: tutto questo nel tempo che Renzo mise a proferire le parole…”). La punteggiatura è in genere semplice e ripetitiva.
L’autore può però anche scegliere una struttura del periodo più articolata, una sintassi più complessa, ricca di proposizioni principali e subordinate, detta ipotassi. In questo caso, anche la punteggiatura risulta più abbondante e variata. E, sempre parlando di punteggiatura, ci sono i casi in cui essa viene volontariamente e totalmente soppressa (per esempio nel già citato monologo di Molly dell’Ulisse di Joyce).
Individuare e valutare l’uso della punteggiatura e la struttura sintattica utilizzata dall’autore è un altro degli impegni di un’analisi di terzo livello.
3.3 Scelte lessicali e registro linguistico.
In linea di massima, ogni opera presenta un prevalente registro linguistico (formale, informale, familiare, colloquiale, gergale…), ed anche per la caratterizzazione dei personaggi si ricorre ad un registro adeguato. (Un ragazzo di oggi, ad esempio, non dirà “Sono fortemente alterato”, ma piuttosto “Sono incazzato nero!”).
Le scelte lessicali vanno di pari passo con la scelta del registro linguistico, anche se nei testi di molti autori compare sovente la presenza di più linguaggi. L’esempio più significativo è senza dubbio quello di Gadda, che usa termini arcaici, dialettali, parole straniere, termini tecnici e dà vita ad un pastiche linguistico per ottenere effetti caricaturali o tragicomici.
La valutazione del corretto assegnamento di un certo registro linguistico a ciascuno dei personaggi è un altro dei compiti del critico letterario che operi un’analisi di terzo livello
3.4 Le figure retoriche.
E qui citarle tutte diventerebbe troppo lungo, ma per leggere bene bisogna saperle riconoscere, ed individuare la funzione e l’opportunità d’impiego almeno delle principali, come la metafora, il paragone, la preterizione, la litòte, ecc.
…e poi…
… deve essere l’autore a riprendere la sua stessa opera e, nel caso, intervenire in alcuni punti per rettificarli e rendere in definitiva migliore il suo testo.
Ogni critico (ed ogni autore) ha un suo bagaglio di conoscenze ed esperienze, ha idee e gusti personali che entrano in gioco quando legge (o scrive) un’opera letteraria.
E’ quindi molto difficile – e, forse, neppure giusto – fornire regole di interpretazione rigide e definite una volta per tutte.
Questo vademecum vuole soltanto essere un compagno discreto e modesto, che si può consultare o mettere da parte senza tanti complimenti, nel grande viaggio che è la scoperta di un’opera letteraria.