Incontro 20 settembre 2016
Titolo Il mondo di Cheddonna
Autore Chiara Pesenti
"Cheddonna" ha quarantacinque anni, un marito, "Miomarito", un figlio, "IlPrincipe", e una vita straordinariamente normale. Intorno a lei ruotano molti personaggi come: "Lastregadisopra", "Laluisa", "L'inquietantevicinodicasa" e la famiglia numerosa di "Tuttisuoi" e "Anchemiei." e non manca nemmeno una sorella rivale "Cheddolce". Da quando "IlPrincipe", il figlio adolescente frequenta il liceo artistico, per Cheddonna è iniziata una nuova era. Sarà pronta ad affrontare tutto quello che il futuro ha in serbo per lei? Composto da brevi episodi a sé stanti, questo romanzo "destrutturato", tratto dall'omonimo blog, racconta vizi, abitudini e piccole manie del quotidiano che, attraverso il filtro dell'ironia, diventano occasione per ridersi addosso, perché, in fondo, "c'è un po' di Cheddonna in ognuno di noi".
Titolo Coordinate d'Oriente
Autore Alessandro Perissinotto
La ragazza dell’albergo di Malpensa guarda partire e non parte. Il suo mondo è fatto di minuscoli brandelli di vite vissute altrove, vite che non sono la sua. Dell'esistenza di Pietro Fogliatti, la ragazza coglie due momenti: la fine di un matrimonio consumato, e un nuovo inizio, la partenza per Shanghai. È lì che il grande progetto imprenditoriale di Pietro vedrà finalmente la luce. Andare a Oriente, per sottrarsi al passato, ma anche per misurarsi con un paese dove i contrasti sono infiniti e i conflitti non esplodono mai. Nel suo bagaglio di imprenditore, Pietro porta con sé il ricordo del padre, morto di tumore alla vescica per i veleni respirati sul lavoro. Nella sua fabbrica cinese, si dice Pietro, tutto questo non accadrà: niente morti bianche, niente sfruttamento, molti diritti. Ha in mente delle splendide utopie Pietro, e dimentica che le utopie sono un modo raffinato per suicidarsi. A ricordarglielo ci penseranno i soci americani e ci penserà il destino. Ma il destino gli farà anche incontrare Jin, la donna misteriosa che appende fiori a un semaforo, che appare e svanisce, e che, come Pietro, aspetta segretamente la morte di chi le ha strappato la serenità. Pietro e Jin: due naufraghi, stretti l’uno all’altro per non affondare nel mare d’odio che hanno lasciato crescere intorno. Ma poi, rapidamente, tutto cambia, tutto si perde: Jin, la fabbrica, il sogno… E si perde anche Pietro, scompare dai radar del mondo civile. E io comincio a cercarlo.
Titolo La tristezza ha il sonno leggero
Autore Lorenzo Marone
Erri Gargiulo ha due padri, una madre e mezza e svariati fratelli, È uno di quei figli cresciuti un po' qua e un po' là, un fine settimana dalla madre e uno dal padre, Sulla soglia dei quarant'anni è un uomo fragile e ironico, arguto ma incapace di scegliere e di imporsi, tanto emotivo e trattenuto che nella sua vita, attraversata in punta di piedi, Erri non esprime mai le sue emozioni ma le ricaccia nello stomaco, somatizzando tutto. Un giorno la moglie Matilde, con cui ha cercato per anni di avere un bambino, lo lascia dopo avergli rivelato di avere una relazione con un collega. Da quel momento Erri non avrà più scuse per rimandare l'appuntamento con la sua vita. E uno per uno deciderà di affrontare le piccole e grandi sfide a cui si è sempre sottratto: una casa che senta davvero sua, un lavoro che ama, un rapporto con il suo vero padre, con i suoi irraggiungibili fratelli e le sue imprevedibili sorelle. Imparerà così che per essere soddisfatti della vita dobbiamo essere pronti a liberarci del nostro passato, capire che noi non siamo quello che abbiamo vissuto e che non abbiamo alcun obbligo di ricoprire per sempre il ruolo affibbiatoci dalla famiglia. E quando la moglie gli annuncerà di essere incinta, Erri sarà costretto a prendere la decisione più difficile della sua esistenza …
Commenti incontro 15 giugno 2016
Risplendi più che puoi – Sara Rattaro
(Una riflessione di Valeria Gramolini)
Chissà cosa porta una vittima ad incontrare il suo carnefice? Quale oscura legge dell’attrazione salda i destini di due esseri nella morsa di una relazione da cui nasce solo dolore?
La storia vera che ci racconta la nostra autrice , così attenta a registrare le ansie e i piani razionali del suo personaggio mentre tenta di uscire dal proprio inferno, è purtroppo solo una delle tante ed inspiegabili vicende crudeli che segnano la vita di molte donne, di cui ultimamente anche inchieste e ricostruzioni televisive ci danno testimonianza.
Donne e bambini: gli oggetti privilegiati dal male, perchè più deboli, nell’esternazione della sua potenza distruttiva per il dominio sul mondo.
Lo strumento generalmente è l’uomo, il maschio, ma non solo e non sempre. Spesso infatti egli è coadiuvato da donne, figure femminili altrettanto perverse e predatorie, esseri che sembrano non avere niente della specie umana, stretti gli uni alle altre, inspiegabilmente, in un sodalizio dal senso misterioso e sfuggente.
Penso ad esempio a certe donne dei clan mafiosi o alle aguzzine naziste.
Il male va oltre l’identità sessuale o l’età anagrafica. Può anche scegliere quale interprete di se stesso un bambino o un adolescente. Quante torture è in grado di infliggere un esserino anche di solo sette o otto anni ad un animaletto domestico, ad un uccellino o ad una lucertola presa a sassate, o ad un compagno di giochi di cui è geloso!
Nel caso della nostra storia all’origine della deformazione caratteriale che spinge Marco a segregare e seviziare Emma, sua moglie, c’è tutto un contesto famigliare anafettivo, fatto di sorelle, fratelli, madri e padri incapaci d’amare o proteggere e violenti essi stessi, i quali si autoassolvono per colpe che neppure riescono a riconoscersi e che sono lontani anni luce dall’idea di uscire dalla propria patologia.
Dopo che Emma trova il coraggio di sottrarsi alle torture del marito, non con la denuncia (via che non l’avrebbe portata da nessuna parte, almeno a quei tempi), bensì con una strategia di resistenza passiva che culmina con un ricovero ospedaliero per abortire il secondo figlio, si palesa finalmente a tutti la sostanza della sua prigionia. Prigionia taciuta per paura, per vergogna, perchè non creduta, perchè inimmaginabile.
Ora tutti sanno che Marco è un paranoico, uno psicotico aggressivo ed estremamente pericoloso, cioè capace di uccidere.
A partire da questa diagnosi, dal ricovero coatto dell’uomo e dalle cure antipsicotiche che gli vengono prescritte, Emma può faticosamente sperare di uscirne.
Dopo lunghi e tormentati anni giunge all’agognato divorzio e alla resa definitiva dell’uomo, vinto da se stesso e dalla propria malattia.
Lentamente, ma con determinazione costante, Emma riconquista la propria luce e può tornare a splendere.
Era infatti una giovane piena di vita e di talento artistico; forse era stata proprio questa sua lucentezza ad abbagliare Marco e attirarlo verso di lei. Il buio e la luce si erano trovati e legati indissolubilmente, all’insaputa di tutti, nel vincolo di un matrimonio veloce e pazzo, così come fanno i divi americani, solo che l’Italia non è Las Vegas e i contratti d’amore a quel tempo duravano a vita.
Le passioni istintive a volte si pagano amaramente. Ed Emma non era certo una che si lasciasse fermare dal buon senso o dai divieti dei suoi genitori. Anche nella relazione precedente aveva vinto lei, mettendosi con uno di vent’anni più vecchio.
Scelta provvidenziale quella però, nonostante tutto, poichè l’uomo, un medico, l’avrebbe aiutata in seguito fornendole sonniferi per tenere sedato Marco ed antidolorifici per lei, rotta nel corpo e nell’anima dalle umiliazioni psicologiche e dalle percosse dell’uomo.
Dunque gli errori si devono scontare. La fretta ci fa commettere passi falsi e non tutti sono in grado di tornare sulla via maestra come Emma, la quale con grande intelligenza, lucidità e forza, riesce a pianificare la propria autodifesa, la propria riscossa, il proprio riscatto e a vincere la sua guerra.
E’ l’istinto materno a renderla così combattiva. L’energia propulsiva le è fornita dalla piccola Martina, ancora salva da lesioni fisiche ma gravemente compromessa sul piano psichico, traumatizzata da ciò che vede, segregata dal mondo e manipolata dal padre. Fortunatamente però anche lei alla fine, grazie alle cure e all’amore dei nonni materni, riuscirà a recuperare una qualche normalità.
Ma la forza di Emma va ancora oltre. Non si accontenta di salvare se stessa e la sua creatura. Si espone invece a nuovi rischi cercando di mettere in salvo anche la nuova vittima di Marco, guarito solo a metà. L’uomo infatti non assume più quei farmaci che gli permettono di non distorcere la verità delle cose e continua ad essere una mina vagante.
Emma dunque mette in guardia la sua nuova preda e nello stesso tempo si strugge di pena per quell’uomo di cui era così innamorata e del quale continua ad avere paura.
Quante donne violate continuano ad accogliere i propri partners pentiti, perdonandoli come bambini che non sanno quello che fanno e pensando che la loro vita sarebbe nulla senza di essi? Quante donne buttano via la propria dignità pur di non restare sole ed avere un uomo accanto?
Occorre avere stima e amore per se stesse per rinunciare ad un uomo violento e non sentirsi in colpa se ai maltrattamenti si preferisce la propria sopravvivenza.
Tuttavia una donna sola può ben poco se non ha il supporto di un contesto che sta dalla sua parte: familiari, vicinato, un gruppo d’ascolto, la legge.
Ed ecco la nota più dolente. Neanche fossimo uno di quei paesi dove si obbligano le donne a portare il velo, a starsene chiuse in casa e a rinunciare ai più elementari diritti della persona, anche i governi italiani per molti anni non hanno fatto altro che farsi interpreti del pensiero maschilista dominante, il quale considerava la donna una semplice appendice dell’uomo e quindi a lui sottomessa anche all’interno del matrimonio.
La Battaro arricchisce il suo impegno civile nel raccontarci questa storia così amara anche inserendovi quei passaggi legislativi che nel tempo ci hanno sollevate, da semplici oggetti riproduttivi e di piacere, ad esseri umani con diritti pari a quelli dei nostri compagni. Li riporto pressochè integralmente affinchè possiamo ricordarcene:
* 1956: la Corte Costituzionale abolisce lo ius corrigendi, cioè il diritto di colpire la moglie per errori nell’educazione dei figli
* ( per unirsi in matrimonio ci vogliono pochi secondi, per separarsi fino a tre anni, prima del 2015)
* 1975: abolizione della potestà maritale. Con il nuovo diritto di famiglia ora i coniugi hanno pari diritti
* 1981: legge 442 del 2 agosto: abolizione del delitto d’onore. Prima di questa data colui che uccideva la propria moglie o sorella sotto l’ira pe l’offesa del proprio onore aveva diritto a sconti di pena da 3 a 7 anni
* 1981: viene abolito il matrimonio riparatore, cioè l’estinzione del reato di violenza carnale nel caso in cui lo stupratore di una minorenne accondiscendesse a sposarla per salvare l’onore della famiglia
* 1996 legge 66: la violenza sessuale viene finalmente riconosciuta come reato contro la persona e non più contro la morale pubblica e il buon costume
* 2001: legge 154 del 4 aprile 2001 – Il giudice può prendere misure per contrastare la violenza nelle relazioni familiari, come l’allontanamento di un familiare pericoloso dal domicilio comune, impedire l’avvicinamento ai luoghi frequentati dalla famiglia, pagare un assegno alla stessa riamasta senza sostegno economico a causa dell’allontanamento
* 2009: legge 38 del 23 aprile – Viene riconosciuto il reato di stalking e persecuzione (emerge un fenomeno dalle dimensioni inquietanti)
* Telefono antiviolenza: 1522
Ovviamente non bastano le leggi per cambiare le cose, perchè amore e rispetto non si possono imporre, ma tutelare sì. Occorre uno sforzo culturale collettivo per educare ed autoeducarsi contro ogni forma di violenza e vessazione, che non sia quella legittima per difendere la nostra persona e la nostra vita.
Tuttavia neppure la più profonda riflessione filosofica o teologica può spiegarci l’origine del male e le ragioni vere e orofonde dell’odio. La nostra tradizione religiosa lo fa risalire a Caino ed Abele, alla gelosia fraterna per ottenere l’amore del padre. E, in definitiva , le correnti teologiche più innovative non parlano più del male come emanazione diabolica, come possessione da parte di Satana della psiche umana, ma identificano il male con la mancanza d’amore.
Certamente, dove viene meno l’amore, come nella famiglia di Marco, vengono meno anche i presupposti stessi di relazioni equilibrate. Va però anche detto che gli altri membri di quella famiglia, pur essendo attraversati da incredibile perfidia, non erano arrivati a tanto. Forse che la loro ferita narcisistica era meno profonda? Oppure si tratta di variabili personali, vale a dire che non tutti reagiamo allo stesso modo di fronte agli stessi accidenti?
Dove finisce la natura e comincia la cultura, insomma?
Mi sono fatta l’idea che Marco potesse essere un omosessuale latente. Il padre doveva essere così violento ed autoritario che per il ragazzo fu impossibile assumere l’identità sessuale maschile. Tant’è che non lavorava, non cercava neppure una realizzazione professionale, ma aveva assunto modalità esistenziali piuttosto femminili, quali ad esempio fare il pane o delegare alla moglie il compito di mantenere la famiglia, salvo poi entrare in conflitto con la gelosia ed impedire di fatto alla donna qualsiasi contatto sociale.
Chissà quante e quali tempeste visionarie attraversavano la sua mente prima di esplodere in quei raptus così deliranti e violenti? Chissà come andavano formandosi dentro il suo subconscio ossessioni, paranoie, insicurezze e repulsioni? Da quale abisso di disistima verso se stesso saliva quell’astio così esasperato verso i successi professionali della moglie, tale da volgersi nel suo contrario, cioè nella denigrazione e nella distruzione psicologica di colei che non riusciva ad eguagliare?
Anche nelle migliori famiglie trovano spazio ed attecchiscono i germi dell’invidia…
Chi non ha mai fatto una qualche seppur minima esperienza di queste “incarnazioni” del male? Ce n’è di gente così e la gamma delle gradazioni dell’intensità è davvero ampia. Ne ho conosciuta anch’io e vi garantisco che possono sconvolgere la vita di una persona. Tuttavia bisogna mettere in conto che questi incontri possono far parte della vita. L’importante è cercare di capire in primo luogo come evitarli e successivamente come uscirne.
Inutile negare che spesso siamo noi ad attirarceli. Esistono diverse teorie in proposito, ma sconfineremmo nel metafisico ed è meglio lasciar perdere. Pensiamo invece a quanto dovrebbe essere solida e flessibile allo stesso tempo la nostra struttura psichica per riuscire a riconoscere per tempo chi potrebbe farci male, visto che è sempre meglio prevenire che curare.
In genere un eccesso di splendore attira queste falene soprattutto quando a risplendere è anche l’ingenuità, la bontà e la fiducia nel prossimo. Perciò amore ed accoglienza non dovrebbero mai essere impulsi ciechi e sciocchi, ma gesti attraversati anche da accurata ponderazione.
In fondo paura e fuga non sono che strategie difensive naturali che condividiamo con il mondo animale. E’ giusto ed opportuno dunque farne uso quando si avverte qualcosa di stonato in una relazione. Il fatto è che spesso temiamo più la solitudine che le aberrazioni di sentimenti distorti.
Emma aveva imparato, col tempo, a riconoscere il momento che precedeva l’esasperazione di Marco e l’atto violento successivo. Uno sguardo obliquo, torvo, basso, inquietante; oppure una calma indifferente ed eccessiva che anticipava la tempesta. E noi, saremmo in grado di farlo? Oppure, al contrario, c’è qualcosa dentro di noi che ci fa somigliare a Marco? Riusciamo ad individuarlo? Ne siamo consapevoli? Ce ne preoccupiamo e siamo disposti a curarci? Come reagiremmo se anche a noi toccasse vivere in un ambiente familiare così sinistro e glaciale?
Fino a che punto si deve comprendere e giustificare?
Si spiga tutto con la malattia o può esserci una causa genetica o fisiologica per la cattiveria, mentre l’ambiente esterno fugge solo da rinforzo?
Questi argomenti sollevano sempre molte domande, tante congetture e poche risposte certe.
Meglio un farmaco o una psicoterapia? O entrambi?
Dove è situata la sede della malvagità? E’ già dentro di noi, nel nostro cervello oppure è il “demonio ” che si impossessa della nostra anima?
Forse essa risiede nella stessa natura umana, condannata da sempre ad esprimere ora le cose più sublimi ed eccelse, ora le brutture più devastanti.
E così, tra luci abbaglianti ed oscurità abissali, procede la nostra esistenza su questa terra.
Forse, come dicono gli orientali, se non ci fosse questa alternanza non ci sarebbe nepure il movimento. La vita infatti è qualcosa di dinamico, dove distruzione e costruzione si susseguono fin dalla notte dei tempi e magari non siamo mai neppure noi a scegliere il nostro destino. Esso ci cade addosso come pioggia, perchè era ciò che si trovava nell’aria in quel momento. Tuttavia, se avessimo guardato e visto l’oscurità del cielo, avremmo potuto scegliere se starcene in casa, uscire con l’ombrello o rischiare di bagnarci. Perciò, pur nella inevitabile determinatezza di certi eventi (quando piove, piove…), c’è sempre un discreto margine per il libero arbitrio.
Pur sapendo di attirarmi le ire furiose di molte donne che rivendicano giustamente il diritto di andarsene sole per il mondo o di abbigliarsi come credono, asserisco con forza che spesso, purtroppo, la prudenza è necessaria. Anche se fastidiosa, limitante e lesiva di libertà ed uguaglianza, non possiamo rinunciarvi completamente in nome di ciò che è giusto, almeno fino a quando certe mentalità continuano a sopravvivere.
Il che non significa smettere di lottare, sia nel pubblico che nel privato, anzi…!
Possiamo farlo anche solo e semplicemente leggendo libri come questo, ma soprattutto facendoli leggere ai nostri amici maschi e ai nostri compagni.
Perciò grazie Sara! Ma anche grazie a David, che sfrucugliando da lettore attento e sensibile qual è tra miriadi di libri, pur maschio, è riuscito a trovare un libro giusto per la nostra santa causa.
Video dell'autrice per il nostro Gruppo di Lettura
Vanity Fair (27 aprile 2016) – Isabella Mazzitelli – Intervista
Ultimi casi, Molinella e Roma (due mogli uccise, due mariti arrestati): è ancora FEMMI NICIDIO. Qui, l'incubo di una donna «scampata». Che ora, protagonista di un libro, ha un consiglio da dare alle altre.
Alla fine il messaggio è: non vergognarsi di chiedere aiuto… PERCHÉ NON E' UNA COLPA. Grazie. La vera Emma.
Arriva, questo sms, a intervista conclusa, come un'estrema sintesi. Siamo state al telefono quasi due ore. Impensabile incontrarsi, e anche sapere il suo vero nome, o dove vive, o che cosa fa sua figlia, che oggi ha 25 anni e per fortuna sta bene, è forte, saggia, amatissima. Ma, parlandole, capisco questo vincolo di riservatezza: non vuole correre il rischio di essere attaccata dagli zombie del suo inferno di un tempo. D'altra parte, la sua storia è unica ma è anche la voce di un immenso tragico coro di donne vittime dei loro uomini. Isolate, percosse, violentate, segregate.
Lei per sei anni – fino a una fuga geniale – in una casa sui monti, costretta anche ad abortire, in punizione ogni due per tre nel garage, con una ciotola per l'acqua come i cani, altrimenti al piano di sopra con gli scuri chiusi, i lucchetti e i chiavistelli, le chiavi sotto al cuscino del marito, la figlia bambina ostaggio di un uomo malato, paranoico, innocuo solo quando nel bicchiere c'era sciolto il Roipnol. Emma è il nome che le ha regalato Sara Rattaro, premio Bancarella con Niente è come te. Un giorno, durante una presentazione, la scrittrice è stata avvicinata da una bella signora sui cinquanta: «Vorrei raccontarle la mia storia». Il romanzo che ne è nato, con solo pochi passaggi di fantasia necessari alla narrazione, si intitola “Splendi più che puoi “(Garzanti).
Ha la potenza della vita vissuta, la mano sapiente delle parole di carta, la forza dei sogni che ci tengono in vita e ci fanno volare di nuovo, quando riusciamo ad aprire la gabbia.
D:Le è piaciuto il libro che ha ispirato?
R:«Non sono ancora riuscita a leggerlo tutto, mi faccio pena da sola. Ma sono felice: erano anni che riflettevo sul fatto che non si debba dimenticare, anche facendo una vita come la mia di oggi, più che normale».
D:Chi era il suo ex marito?
R:«Lo conobbi ventenne, affascinante, premuroso, famiglia in vista. Mi ha picchiato la prima volta in viaggio di nozze, col bastone dell'ombrellone. Avevo un bel lavoro, creativo. Nel giro di pochi mesi non avevo più niente, lui non lavorava, vivevamo dei miei risparmi».
D:Sua figlia che cosa sa, che cosa ricorda?
R:«Per fortuna ha rimosso tanto, ma purtroppo ha assistito alle violenze. Non le ho mai parlato male di suo padre, ho cercato di preservarle il ricordo di un papà affettuoso, come a volte era. L'ha incontrato, dopo la nostra fuga, in ambienti sorvegliati ma – passato un po' di tempo – lui non si è più presentato. Lei lo ha cercato a 18 anni: dieci giorni invano sotto al portone. Dopo aver letto il libro, ha pianto lungamente: "Mamma, è vero che è malato, ma non tutti i paranoici picchiano le mogli. Credimi, sarebbe stato lo stesso un grandissimo stronzo".
D:Lei ha mai provato a chiedere aiuto?
R:«Stiamo parlando di più di 20 anni fa. Oggi sarebbe stato diverso: c'è il telefono 1522, c'è una rete, ci sono leggi che tutelano le donne. Ma io mi domandavo: e se vado dai carabinieri e trovo uno che minimizza e mi riconsegna a mio marito? Quello mi ammazza».
D:Lei dice che solo chi ci è passato può capire.
R:«Sono vicende che ti mettono in uno stato d'animo eccezionale, ed è difficile provare empatia per situazioni così estreme. Quando le vivi, sei prostrata, in preda a una paura cieca: di essere uccisa, che uccida i tuoi figli. Bisognerebbe scappare alla prima sberla, questo l'ho capito dopo. Il primo schiaffo è stupore, la prima bastonata la giustifichi. Ero ingenua, ero cresciuta in una famiglia amorevole: mio marito all'inizio mi sembrava un uomo ferito, ero incredula di fronte ai suoi cambiamenti. In più, non volevo ammettere di essermi sbagliata, e temevo il giudizio della gente».
D:Che cosa dice sua figlia, oggi?
R:«Le ho chiesto: sembro proprio cretina, all'inizio del libro, eh? "Si mamma, furba non eri. Ma quante sbagliano a sposarsi? Mica tutte rischiano la pelle, per un errore. Sei stata sfortunata, dai"».
Incontro 14 giugno 2016
Risplendi più che puoi
Sara Rattaro
L'amore non chiede il permesso. Arriva all'improvviso. Travolge ogni cosa al suo passaggio e trascina in un sogno. Così è stato per Emma, quando per la prima volta ha incontrato Marco che da subito ha capito come prendersi cura di lei. Tutto con lui è perfette. Ma arriva sempre il momento del risveglio. Perché Marco la ricopre di attenzioni sempre più insistenti. Marco ha continui sbalzi d'umore. Troppi. Marco non riesce a trattenere la sua gelosia. Che diventa ossessione. Emma all'inizio asseconda le sue richieste credendo siano solo gesti amorevoli. Eppure non è mai abbastanza. Ogni occasione è buona per allontanare da lei i suoi amici, i suoi genitori, tutto il suo mondo. Emma scopre che quello che si chiama amore a volte non lo è. Può vestire maschere diverse. Può far male, ferire, umiliare. Può far sentire l'altra persona debole e indifesa. Emma non riconosce più l'uomo accanto a lei. Non sa più chi sia. E non sa come riprendere in mano la propria vita. Come nascondere a sé stessa e agli altri quei segni blu sulla sua pelle che nessuna carezza può più risanare. Fino a quando nasce sua figlia, e il sorriso della piccola Martina che cresce le dà il coraggio di cambiare il suo destino. Di dire basta. Di affrontare la verità. Una verità difficile da accettare, da cui si può solo fuggire. Ma il cuore, anche se è spezzato, ferito, tormentato, sa sempre come tornare a volare. Come tornare a risplendere. Più forte che può.
Incontro 10 maggio 2016
Una piccola libreria a Parigi
Nina George
Jean Perdu ha cinquant'anni e una libreria galleggiante ormeggiata sulla Senna, la "Farmacia letteraria": per lui, infatti, ogni libro è una medicina dell'anima. Da ventun anni vive nel ricordo dell'amata Manon, arrivata a Parigi dalla Provenza e sparita all'improvviso lasciandogli soltanto una lettera, che Jean non ha mai avuto il coraggio di aprire. Ora vive solo in un palazzo abitato dai personaggi più vari: la pianista solitaria che improvvisa concerti al balcone per tutto il vicinato, il giovanissimo scrittore in crisi creativa, la bella signora malinconica tradita e abbandonata dal marito fedifrago. Per ciascuno Jean Perdu trova la cura in un libro: per tutti, salvo se stesso. Finché decide di mettersi in viaggio per cercare la donna della sua vita. Verso la Provenza e una nuova felicità.
intervista Giovanni Di Nicola – incontro 23 febbraio 2016
Intervista a Giovanni Di Nicola autore del libro “La viaggiatrice incantata”
Ringrazio Giovanni per avermi concesso l’ intervista alla conclusione dell’incontro pubblico presso la sala Consiliare del Comune Di Monte Porzio.
D. Perché questo titolo e perché il sottotitolo?
R. Non c’è un motivo preciso, ho in parte dovuto piegarmi alle regole di Internet perché secondo la mia indicazione si doveva chiamare sempli-cemente “Materiali dispersi”, ma purtroppo da una ricerca effettuata in rete è stato trovato un altro libro che aveva esattamente questo titolo e per evitare confusioni lo abbiamo lasciato solo come sottotitolo. È stato scelto “La viaggiatrice incantata” perché sembrava un titolo che poteva funzionare anche per l’editore. Ad un certo punto del testo viene citato “Il viaggiatore incantato” di uno scrittore russo (Leskov Nikolaj) che la protagonista vede sulle mani di una persona che lo sta leggendo in una sala di attesa…
D. È un libro di viaggi?
R. Non è un libro di viaggi anche se lo può sembrare. Non c’è il viaggio come tema di fondo, è una persona che viaggia, che si incontra con tanti “materiali dispersi” e anche lei si sente abbastanza materiale disperso, nel senso che viaggia molto. “Materiali dispersi” sono termini solitamente usati da “Onda verde” quando si perde qualcosa in autostrada.
D. Perché hai utilizzato un personaggio femminile come protagonista? Sei riuscito ad entrare effettivamente in questo personaggio?
R. Questa è una domanda che mi hanno fatto sempre, se non era la prima era sicuramente la seconda domanda. Non so se poi sono riuscito effettivamente ad entrare nel personaggio femminile, deve essere il lettore a dirlo. Qualcuno dice che le donne sono più complicate, Paola è troppo lineare. In genere mi hanno detto che sono riuscito a rappresentare Paola. Perché donna? Quando io ho pensato al personaggio l’ho immaginato il più possibile cinico, ironico, distaccato, disincantato e ho pensato che un carattere femminile potesse essere più vicino a queste caratteristiche. Inoltre molte cose che descrivo, che vive la protagonista, non sono prettamente femminili, capitano a chiunque, forse però l’occhio della donna è più attento, più sensibile.
D. C’è stata una donna o più donne dalle quali hai preso idee per creare il personaggio Paola?
R. Direi di no, anzi Paola è quella che mi somiglia di più tra i miei personaggi, è un po’ anche autobiografico perché i viaggi descritti, sono in parte quelli che ho fatto io e le impressioni che descrivo sono quasi completamente quelle che ho avuto io in quelle situazioni.
D. Un’altra domanda che sorge spontanea, che lavoro fa Paola?
R. È volutamente ambiguo, potrebbe, ma non è detto, piazzare software o app per cellulari, app che dovrebbero servire a convincere le persone a cambiare religione, qualcosa del genere secondo le mie intenzioni. E già questo rende l’idea dell’assurdità in cui si imbatte quotidianamente Paola. Vende comunque un software che ha a che fare con la religione, si intuisce perché parla, con tutte le persone che incontra per lavoro, di religione, di teologia, ma anche di fisica e alcune volte di astronomia, comunque sul senso della vita che poi liquida sempre con una battuta e con riflessioni meno profonde.
D. Avrà un seguito?
R. Mi piacerebbe. Il libro è finito così nel senso che quando ho messo l’ultimo punto Paola non è stata più nella mia vita, è sparita. Al momento confermo il no. Però questo libro è quello che mi è piaciuto di più scrivere ed è anche quello a cui tengo di più. Le tante cose lasciate in sospeso sono finite, non hanno bisogno di un continuo secondo me, anche se mi piacerebbe andare avanti con la storia di Paola magari vista sotto altri aspetti. Per esempio le email, le lettere che si scrive con il Luca nuovo, i dialoghi con il bambino sull’altalena, sono fantastici e potrebbe essere interessante approfondirli (qualcosa sto già facendo quando mi viene in mente qualcosa di interessante la trascrivo, per ora sono solo dei pezzi sparsi, diciamo “materiali dispersi”).
D. Un’ultima domanda, ci puoi dire qualcosa sulla copertina.
R. Questa è una cosa a cui tengo particolarmente perché è tratta da una mia foto che a me piace molto e volevo quindi qualcosa che creasse, al primo impatto con il lettore, l’atmosfera che si respira leggendo il libro. È la foto fatta nella hall di un albergo in Corea, all’origine era più grande con più dettagli però è stata sapientemente tagliata della grafica, facendo un ottimo lavoro, e successivamente un po’ sgranata ottenendo una immagine molto bella. Rende bene l’idea, c’è qualcosa che rappresenta l’oriente, la presenza di una specie di ideogrammi, c’è qualcosa che rappresenta il viaggio, i trolley, si intuisce anche che è una hall di un albergo dove si vedono dei divani visti dall’alto. Trovandosi Paola (la viaggiatrice) molto spesso nella hall degli alberghi mi sembrava e mi sembra la cosa più naturale da mostrare in prima pagina. Inoltre l’immagine dall’alto rimanda un po’ anche alla visione distaccata del mondo che ha Paola.
Ringrazio Giovanni per aver scelto il nostro Gruppo Di Lettura per la prima presentazione pubblica del libro e per la pazienza avuta a rispondere alle numerose domande fatte dai presenti e dall’intervistatore.
Incontro 29 marzo 2016
MAMMA A CARICO – mia figlia ha 90 anni
Gianna coletti
Prendersi cura di chi ci ha aiutati a diventare grandi è un'impresa contronatura e contro il tempo. È possibile diventare genitori dei propri genitori?
Gianna è una figlia con una madre molto ingombrante di cui occuparsi: una cocciuta signora di novant'anni con una testa di capelli bianchi sparati e un paio di occhiali 3D che non si toglie mai – perché anche se non vede è abituata ad avere qualcosa sul naso. Gianna però dovrebbe e vorrebbe avere una vita sua. Questa è la storia della loro particolare relazione; ed è anche la storia di un fenomeno generazionale che coinvolge sempre più donne alle prese con genitori anziani, malati, non più autosufficienti. Accudire chi prima si è fatto carico delle nostre esigenze e ci ha aiutato a diventare adulti è una lotta impari contro il tempo. Una lotta che Gianna Coletti racconta con ironia e coraggio. Mostrando i tanti momenti di angoscia, frustrazione e smarrimento, ma regalandoci anche luminosi sprazzi di felicità, risate e tenerezza.
Incontro 23 febbraio 2016
LA VIAGGIATRICE INCANTATA – materiali dispersi
Giovanni Di Nicola
La viaggiatrice incantata – Materiali dispersi è un frammento di diario, la scheggia di vita di una trentenne, Paola, costretta da un lavoro misterioso a un doppio pendolarismo, in Italia tra Rimini e Bologna, e ovunque per i cieli del mondo. Il diario fotografa le vicende della protagonista da un afoso ferragosto giapponese, a una surreale vigilia di Natale riminese. Vicende fatte di solitudine ed indipendenza, descrizioni di angoli di mondo, assurdità e dismissione. La religione sembra far parte del suo lavoro misterioso; anima strambi incontri con astronomi, biologi e fisici. Guida scelte cinematografiche. E così Paola ascolta la voce del mondo da Isoradio e vede scorrere la vita attraverso il parabrezza lucido della sua macchina nuova; pranza disincantata su un’altalena e dorme aiutandosi con la valeriana. L’umanità rimane all’esterno, estranea. Poi ci sono anche bottiglie di vino stappate ai piedi del divano Ikea, confidenze ad un amico che è anche un po’ amante, un ex che non riesce ad andarsene del tutto dalla testa, ed un’amica iperattiva. Il velo che avvolge la vita solitaria di Paola, viene però improvvisamente squarciato dalla lettura di un diario che presenta inquietanti similitudini con la sua infanzia. Un improvviso impulso la spinge ad interrompere la monotonia della sua vita e la porta alla ricerca del proprio passato. Compagna di viaggi fuori dal tempo, un’anziana amica della madre.
Incontro 26 gennaio 2016

Nelle mani sapienti di Paula Hawkins, il lettore viene travolto da una serie di bugie, verità, colpi di scena e ribaltamenti della trama che rendono questo romanzo un thriller da leggere compulsivamente, con un finale ineguagliabile.
Ore 8.04. Rachel sale sul treno che, tutte le mattine, viaggia dalla periferia al suo alienante posto di lavoro nel centro di Londra, per poi riportarla indietro la sera. Una routine che sembra essere, per lei, l'unico momento felice della giornata.
Senza amici o una vera e propria casa, con un serio problema di dipendenza dall'alcool, cerca di colmare il vuoto della sua esistenza nutrendosi degli attimi rubati di vita altrui, attraverso il finestrino di quel treno. Si immedesima talmente tanto con quello che vede da affezionarsi a una coppia che, quotidianamente, si trova a far colazione nella veranda di una graziosa villetta, inventando i loro nomi e la loro vita, immaginandola come quella che avrebbe voluto avere.
Ma durante uno dei suoi viaggi, mentre fantastica sulla giornata che avrebbero trascorso i suoi amati protagonisti, Rachel assiste a una scena che non avrebbe dovuto vedere e che spezza l'idillio creato nella sua testa.
Da quel momento in poi, la ragazza del treno si trova invischiata in una serie di avvenimenti repentini e del tutto inattesi, che sconvolgono la sua quotidianità in maniera definitiva e la portano a legarsi a quella coppia inesorabilmente.
Jess e Jason, così li ha chiamati Rachel, hanno veramente una vita perfetta? Che ruolo avrà la protagonista nelle loro vicende?
Scorrendo le pagine di questo thriller, considerato un vero e proprio caso editoriale, non ci si stupisce affatto del successo che ha ottenuto finora negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
L'autrice esordiente riesce, con uno stile di scrittura rapido e incalzante, a tenere i lettori con il fiato sospeso dall'inizio alla fine, cucendo la storia attorno a un tema che rende quasi impossibile non identificarsi nei protagonisti: quali oscuri segreti si celano dietro la perfetta armonia che ci piace immaginare regni nelle vite degli altri?
Alternando il punto di vista principale di Rachel con quello delle altre due donne protagoniste, Paula Hawkins tiene incollato alle pagine, fino all’ultima riga, il lettore, trascinandolo tra i meandri della mente dei personaggi del romanzo, tra passato e presente, sbagli e redenzioni, rimorsi e rimpianti. Impossibile non appassionarsi anche per i non amanti del genere.