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27 marzo 2024 – incontro con Enrico Vergoni
Mercoledì 27 marzo Enrico Vergoni ci ha presentato il suo primo romanzo.
È stata una serata molto piacevole ed Enrico ci ha fatto capire la differenza tra lo scrivere poesie e un romanzo.
Ha letto alcuni punti dal “prologo”
Sentiamoci liberi di essere noi stessi
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Sentiamoci liberi di fare l’amore con il cuore in gola …
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Sentiamoci liberi di fare due birre in spiaggia a raccontarci la vita e le sue paure, una sigaretta fino all'alba senza gruppi WhatsApp in cui non si sa mai che caxxo Scrivere.
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Sentiamoci liberi di avere quarant’anni ma ogni tanto fare qualche caxxata
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Sentiamoci liberi di sorridere sempre e perderci in mille tramonti da condividere (non sui social) con chi ci ama
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Sentiamoci liberi di dire quello che pensiamo, che a forza di silenzi il mondo sta marcendo
Sentiamoci liberi e orgogliosi di essere italiani. Siamo tutti figli di Falcone e Borsellino, del loro coraggio e del sorriso che hanno in quella meravigliosa foto che custodiamo tutti nel cuore.
Sentiamoci liberi di vivere come in un film! Che la vita è bella e se ti impegni puoi vincere perfino l’oscar.
Poi si è passati a parlare più in dettaglio del personaggio.
-È tutto liquido. Io in questo liquido ci nuoto- Un inno al menefreghismo? Lui su questo sa molto. Col protagonista ho voluto dargli una valenza molto contraria rispetto alla mia. G è uno che dice qui ormai sul mondo non ci capisco più niente. Allora lui sta sul balcone con la sigaretta e sì, se lui c’ha l'estetista l'acido ialuronico, l'amichetta del sabato sera e dice a me,non me ne frega niente, gioca a calcetto, fa un passo indietro rispetto ai tempi.
È tutto quello che io ho sempre detestato delle persone ma l'ho voluto mettere come protagonista del libro. Per me è uno sconfitto perché rinuncia a capire e rinuncia a vivere. Però mi piaceva questo personaggio così lontano da me e sarebbe stato troppo facile fare un selfie. Non è un selfie, non è un selfie, questo sicuramente
Lui ha un padre che è il contrario di lui ,ha un padre che credeva nella politica, nel volontariato, gli regalava i libri, leggeva i libri, comprava la Repubblica, gliela portava, aveva la foto di Berlinguer in casa. Quindi ha un padre. Sì, sì.
Lui invece guarda sta gente. Infatti c'è una battuta dice “Io a Enrico Berlinguer preferisco Moana Pozzi”. Ok, in quel momento, perché lui proprio ci rinuncia, non è una sconfitta ma una delusione.
Forse di quegli anni lì, probabilmente.
Ma neanche è il prototipo forse dell'italiano di oggi. Purtroppo. Ma è così e forse è la maggioranza silenziosa del Paese di cui noi scriviamo libri, leggiamo i giornali, facciamo politica, andiamo nelle scuole, forse non la capiamo. E la maggioranza silenziosa che noi, forse intellettuali un po’ radical chic no, non la capiamo. Poi ce ne accorgiamo il giorno dopo le elezioni. E purtroppo è così. E dicevo prima dell'11 settembre che per me è stato il punto, è stata la fine degli anni 90 è stato veramente lo spartiacque.
Conclusione
G è un personaggio che vince sempre perché non si schiera mai. Queste sono persone che mi fanno una grande rabbia, però le ho volute mettere perché ho detto quando mi ricapita di scrivere una cosa negativa? E quindi ho voluto mettere tutti i difetti. Che poi il bello del romanzo è questo, inventi un personaggio e lo riempi di tutti i tuoi difetti, poi è come se andassi sul lettino dell'analista e forse verrebbe fuori che sono peggio di lui, ok?
Sì, perché poi ci piace scaricare i nostri difetti sempre su qualcun altro o personaggi fittizi o personaggi reali. Questo ci salva la coscienza.
A fine serata è stato interessante anche il confronto con i partecipanti che hanno raccontato le diverse esperienze vissute nella loro adolescenza.
Grazie ancora Enrico.