Incontro GdL – 21 febbraio 2017

Catrijn, venticinque anni, vive in una fattoria nella campagna di Alkmaar. È infelicemente sposata con Govert, uomo alcolizzato e violento, che però la lascia ben presto vedova. Alla morte del marito Catrijn decide di cercare fortuna in città, ad Amsterdam, dove va a servizio in una famiglia che la accoglie con rispetto. La padrona di casa prende lezioni di pittura alle quali Catrijn assiste per farle compagnia, e per lei sono momenti di pura felicità. La pittura è la sua vera passione, anche se il suo ceto difficilmente le permetterà di dedicarsi all'arte. Ma il destino ha in serbo molte novità; costretta a lasciare Amsterdam a causa di nuove catastrofi, si reca a Delft dove trova lavoro in una fabbrica di ceramica come decoratrice. È una grande e inaspettata gioia per lei potersi dedicare ai colori, alla pittura, alle figure…

Commento

Scritto da GIULIA
il 24 novembre 2016

Simone Van Der Vlugt ambienta questo romanzo nell'Olanda del Secolo d'Oro, dove cultura e arte fioriscono e crescono vertiginosamente grazie ad artisti del calibro di Veermer e Rembrandt e studiosi come Spinoza. Proprio in questa cornice viene ambientata la storia di Catrijn, una donna rimasta vedova che vede nella sua situazione una possibilità di riscatto ma soprattutto l'occasione per seguire i suoi sogni. Sarà proprio questo fermento culturale a spingere non solo la protagonista ma anche tante altre donne a cercare fortuna in città e a decidere di plasmare da sole il proprio destino.

 

One Response to “Incontro GdL – 21 febbraio 2017”

  • Valeria Gramolini scrive:

    Simone Van Der Vlugt

    Blu come la notte

    (commento di Valeria G.)

     

    Questa volta, ed anche la prossima, oggetto della nostra lettura è e sarà un romanzo di ambientazione storica. Il secolo è il XVII° ed il luogo l’Olanda, una nazione della quale sappiamo assai poco benchè faccia parte dell’Europa e la cui conoscenza è bene approfondire, visto che, in questi ultimi anni, sono giunti diversi olandesi anche sul nostro territorio.

    La vicenda si svolge tra Delf, Harlem e Amsterdam, luoghi diventati famosi nel mondo, tra le altre cose, anche per la produzione di maioliche bianche e blu molto raffinate, tanto da meritare l’appellativo di “porcellane olandesi”.

    Protagonista della storia è una giovane contadina il cui sogno è fare di questa passione un vero e proprio mestiere trasferendosi in una città che glielo consenta.

    Approfitterà di un grave fatto occorsole per andare via dai campi e raggiungere Delf dopo varie vicessitudini. Riuscirà addirittura a mettersi in proprio, creando un suo proprio marchio ed andando a far parte di quella nutrita schiera di fabbricanti di ceramiche artistiche che per tutto il ’700 verranno esportate in tutto il mondo, per essere superate successivamente da quelle inglesi e poi decadere completamente fino ai giorni nostri, nei quali si assiste ad un progressivo rifiorire di questa attività, tant’è che le agenzie di viaggio suggeriscono ai visitatori della nazione di non trascurare una tappa presso uno dei suddetti laboratori tipici.

    Trattandosi di una narrazione semplice, anche se non banale ed anzi piena di risvolti avventurosi, colpi di scena e a tratti anche di suspance, come un vero thriller, non mi dilungherò in noiosi riassunti togliendovi la sorpresa di questa gradevole lettura, bensì puntualizzerò solamente quei passaggi che mi sembrano importanti per comprendere l’atmosfera dell’epoca e gli avvenimenti più singolari.

    Innanzitutto va sottolineato che, se la storia è inventata di sana pianta, non lo è una certa famiglia di produttori di ceramiche nominata nel racconto i cui ultimi discendenti, o almeno coloro che ne proseguono l’attività, sono gli stessi che hanno progettato, assieme alla casa editrice, l’idea di questo libro. Altrettanto reali sono i maestri pittori nominati nel corso della narrazione e con i quali si intrecciano pretestuosamente le vicende vissute dai personaggi, vale a dire Rembrant, Jhoannes Vermeer e suo padre, proprietario di una certa locanda che li ospitò. Vere sono le navi della famosa Compagnia delle Indie che, con la sua poderosa flotta, attraversò i mari del mondo fino all’oriente più estremo, portandone nel vecchio continente spezie, pietre preziose e vasi cinesi, alle cui decorazioni si ispirò la nostra Catrijn, rappresentando draghi, pagode e canne di bambù sulle terrecotte locali, meno sottili della porcellana ma certamente più economiche.

    E veri purtroppo sono gli incendi ai quali erano soggetti i numerosi laboratori dove i forni restavano quasi sempre accesi e bastava una distrazione perchè una scintilla provocasse una vampa di fuoco, e questa un incendio che si propagava in breve tempo per tutta la città, riducendo in cenere le case di legno e i tetti di paglia.

    S’imparano molte cose leggendo romanzi d’ambientazione storica come questo, e dunque rappresentano senz’altro un ottimo viatico per grandi e piccini attraverso cui apprendere fatti e nozioni che possono risultare noiosi se letti su veri e propri libri di storia.

    Leggendo “Blu come la notte” si ha ad esempio notizia dell’esplosione, realmente avvenuta, di un deposito di munizioni avanzate da un conflitto ed in seguito alla quale vi furono moltissimi morti e feriti, con ustioni ed amputazioni d’arti, oltre che naturalmente la distruziione delle abitazioni di legno per gli incendi che ne seguirono.

    Non erano certo tempi facili quelli e raramente ne prendiamo coscienza, accorgendoci di quanta fatica ci viene risparmiata oggi, nelle nostre comode vite in cui c’è una macchina per ogni incombenza. E’ questo un aspetto che la nostra autrice non esita a sottolineare, raccontandoci di come Catrijn, benchè in avanzato stato di gravidanza, percorresse ora a piedi, ora su carri o imbarcazioni la lunga distanza fra la sua casa natale e quella di città, impiegandovi giorni e con alloggiamenti di fortuna in locande disseminate nei piccoli porti, dividendo con sconosciuti camere e pagliericci.

    Per non parlare poi delle malattie che numerose e sconosciute decimavano i soggetti più fragili, come i bambini, e rendevano assai bassa l’aspettativa di vita. A volte potevano essere ben curate con erbe, le stesse che venivano usate anche per gli animali, altre erano temute in modo totalmente irrazionale, attribuendole la tradizione religiosa a punizioni divine per i peccati commessi, altre ancora erano veramente spaventose e totalmente devastanti, come le epidemie, e prive sia di rimedi, se non quelli fantasiosi senza alcun fondamento, sia di palliativi.

    Mi riferisco in particolare alla peste che decimò migliaia di persone e probabilmente non colpì solo in Olanda, visto che anche Manzoni ne parla nei Promessi Sposi (credo fosse la stessa).

    Bubboni , lingua grossa e nera, emorragie ed infine la morte…Ma Chatrijn sfugge anche a quella e, tormentata da una colpa di cui non si pente, si chiede che meriti abbia presso Dio  per esserne risparmiata.

    Forse ha risorse fisiche e mentali superiori alla media, oppure incarna lo spirito indomito delle donne nordiche che, diversamente da quelle di area mediterranea e meno soggette a condizionamenti repressivi duri a morire, già in quel secolo o forse ancor prima sapevano di poter rivendicare diritti di parità col sesso maschile. E dunque anche la malattia viene affrontata con intelligenza, più che con autocommiserazione, procurandosi il laudano come fa Catrijn il quale, se non guarisce dalla peste, almeno rende meno doloroso il trapasso.

    E’ indiscutibile il fatto che la cultura olandese sia assai più libera da freni inibitori rispetto alla nostra, tant’è che ragazzi e ragazze abbandonanono assai presto il nido famigliare cercando di rendersi autonomi, e spesso viaggiano per il mondo in modo molto avventuroso, forse memori di un glorioso passato di esploratori.

    Non è certo un caso se fin dal 1654 in quel paese picchiare la moglie fosse già un reato passibile di denuncia e che, sempre in quegli anni, anche la tortura usata per estorcere confessioni venisse abrogata. Ciò testimonia che anche allora, così come oggi, l’Olanda era all’avanguardia nella conquista dei diritti umani, con libertà e liceità che in altri paesi, come il nostro ad esempio, vengono considerate immorali ed eccessive. Tuttavia esse sono ben gradite dai nostri giovani e dai nostri connazionali che lì si recano per goderne, come quelle che hanno a che fare con il sesso ( puoi scegliere il corpo che più ti piace in vetrina), oppure quelle relative agli stupefacenti, regolarmente fruibili in  bar o locali pubblici.

    Anche l’affettività e l’amore sembrano essere beni di facile consumo. Il lutto di Catrijn ad esempio dura per tradizione appena sei settimane, mentre da noi ancora oggi non finisce prima dell’anno; quanto ai beni appartenuti al marito o al padre essi potevano essere ereditati da mogli e figlie, contrariamente a quanto avveniva nei paesi di cultura ebraica  e cattolica. Nessuno si stupisce dunque della determinazione con la quale Catrijn non solo ambisce a svolgere un mestiere esercitato, almeno in Italia, esclusivamente dagli uomini come quello di pittore (credo che Artemisia sia l’unica eccezione di quei tempi), ma anche, benchè donna, prosegue l’attività del marito apportando innovazioni importanti, sia sul piano tecnico che su quello organizzativo.

    Se ancora non compaiono neppure in Olanda pittrici donne, tuttavia esse possono imparare l’arte ed applicarla nelle decorazioni di mobili o terrecotte, ed è ciò che fa la nostra protagonista, trasformando in arte una tradizione artigianale.

    Ne scaturisce il ritratto di una donna capace, completa e, oserei dire, moderna anche rispetto ai legami affettivi, che, pur se desiderati per meglio affrontare la durezza della vita, non vengono subiti ma scelti liberamente e lucidamente, visto il  tragico errore iniziale.

    Catrijn offre dunque un perfetto esempio di equilibrio fra le diverse componenti della personalità umana, essendo un individuo che, pur dedicandosi al lavoro non inaridisce ma continua a coltivare sentimenti verso la famiglia d’origine, la figlia, il compagno, gli amici.

    Forse somiglia alla stessa autrice, famosa in Olanda per i suoi thriller ed i suoi romanzi per ragazzi, la quale ha dato vita a questo libro utile, stimolante e pieno di sollecitazioni.

    Se appassionati di pittura infatti si può essere attratti dalla parte riguardante le modalità di preparazione dei colori, ma anche dalle tecniche di cottura e dalle ingegnose trovate per rendere la terracotta più sottile o la vernice più bianca e splendente; se si è curiosi di rimedi erboristici si può approfondire l’aspetto dei medicamenti o dei veleni, laudano per la peste (?) e digitale per liberarsi dei concorrenti; se si vuole preparare del burro in casa ci si può documentare su come è fatta una zangola; se infine ci viene voglia di natura e di viaggi basta immergersi con la fantasia nella descrizione che l’autrice fa del POLDER, cioè di quel tipico paeesaggio olandese fatto di canali e dighe atte a scaricare l’eccesso d’acqua per rendere coltivabili i terreni sotto il livello del mare. Paesaggi pieni di poesia se ad attraversarli non si è costretti su faticosi mezzi di fortuna ma si viaggia su comode imbarcazioni da cui contemplare i mulini e le osterie a ridosso dei luminosi specchi d’acqua.

    Al riguardo c’è da dire che anche in quel campo gli olandesi mi sono sembrati all’avanguardia. Non avevo infatti mai sentito prima  parlare di ALAGGIO, cioè di un sistema di trasporto su acqua mosso dalla forza di cavalli che ne percorrono gli argini, trainando chiatte ed imbarcazioni a cui sono legati. Lo trovo davvero geniale ed anche, credo, bello a vedersi. Chissà se in qualcuno di quei laghi si usa ancora, magari anche solo per una rievocazione storica…Se vi capita di vederne uno fatecelo sapere…

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